DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA
Le Famiglie di Militari vivono in un clima di stress persistente, sperimentando spesso la separazione a causa di addestramenti, esercitazioni e missioni.
“Mamma, papà, da grande voglio fare il Militare” più o meno è un mestiere che inizia così. A volte, perché in famiglia vi è già qualcuno che ha percorso questa strada e, allora, quel bambino ha il desiderio di seguire le orme del proprio genitore o parente, altre perché è una passione che si sviluppa crescendo. Questa scelta però, coinvolge un po’ tutte le persone che ruotano intorno a chi sceglie di fare il Militare.
Cosa succede quando chi parte lascia a casa un bambino piccolo o che ancora deve nascere? Come impatta questo lavoro sulle dinamiche familiari? Quali sono i risvolti? Quali problematiche scaturiscono?
Lo stress inizia prima ancora della partenza per la missione e colpisce entrambi i membri della famiglia, nonché i figli: chi parte si prepara psicologicamente e fisicamente per quello che dovrà affrontare; chi resta deve prepararsi a gestire la famiglia da solo e vive con la preoccupazione circa la sicurezza del coniuge in missione. Le Famiglie di Militari vivono in un clima di stress persistente, rispetto alle famiglie civili, in quanto sperimentano spesso la separazione a causa di posti di lavoro lontani da casa, addestramenti, esercitazioni e missioni, per periodi più o meno lunghi, vivono con la consapevolezza del rischio associato al servizio militare, sia esso danno fisico, psicologico o, nei casi più gravi, la morte.
Questi fattori di stress associati alla vita Militare portano ad un continuo sconvolgimento nelle dinamiche relazionali e familiari. Pertanto, queste famiglie potrebbero costituire una popolazione altamente vulnerabile, rispetto alla popolazione generale, qualora i fattori di stress vengano gestiti in modo non funzionale, con ripercussioni sia a livello fisico, psicosociale che psicologico. Tra i sintomi a livello fisico si riscontrano disturbi del sonno, affaticamento, stanchezza o poca energia, mal di testa, tachicardia, variazioni nell’appetito e cambiamenti di peso, i quali aumentano all’aumentare del livello di stress percepito. Ovviamente, i sintomi e le problematiche, dipendono dalla lunghezza, dalla durata e dalla frequenza con cui un Militare parte per la missione.
GLI EFFETTI DI UNA MISSIONE SULLA FAMIGLIA
Una revisione sistematica condotta nel 2014 ha analizzato circa 40 studi svolti per indagare gli effetti che una missione ha sui genitori, i bambini e gli adolescenti, mostrandone il suo impatto pervasivo e negativo. In particolare, hanno rilevato che i bambini che crescono in “Famiglie Militari” hanno significativamente più problemi di salute mentale, tra cui ansia, depressione, problemi comportamentali, fino all’uso di sostanze e all’ideazione suicidaria, rispetto ai figli di “Famiglie Civili”
Il senso di sicurezza e di protezione che un bambino piccolo sviluppa, soprattutto nei primi anni di vita, dipende totalmente dalla disponibilità fisica ed emotiva che viene mostrata dai suoi genitori. È facile, quindi, comprendere quanto possa essere difficile per un bambino piccolo la lunga assenza di un suo genitore. Nel caso in cui il genitore parta per una missione quando il piccolo è ancora in grembo o nei suoi primi mesi di vita, mesi in cui si creano, si formano le basi e stabiliscono le relazioni di attaccamento, al ritorno potrebbe riunirsi con un bambino che, non solo è molto diverso e cresciuto rispetto a quello che hanno lasciato, ma che non ha alcun ricordo del genitore, sia esso il padre o la madre; inoltre, non ha nessuna relazione consolidata dalla quale attingere.
Infatti, mentre i bambini più piccoli potrebbero non comprendere appieno il motivo per cui un genitore deve andarsene e potrebbero reagire con rabbia, i bambini più grandi e gli adolescenti devono affrontare la lontananza del genitore durante una fase critica e rapida dello sviluppo sociale ed emotivo, che è già impegnativo di suo, in quanto caratterizzato da scelte scolastiche da effettuare, modificazioni corporee, nonché la costruzione dell’identità.
A partire dagli attacchi terroristici dell’11 Settembre 2001 a New York, sono aumentati i periodi di permanenza in missione e questo ha comportato un aumento dei disturbi di salute mentale, incluso il disturbo da stress post traumatico. Le ricerche, inoltre, mostrano che più è lunga la durata della missione, maggiori sono le difficoltà a cui la famiglia e i figli vanno incontro. Le reazioni dei coniugi alla partenza per una missione riguardano irritazione, tensione, incredulità, aumento della distanza emotiva, sintomi somatici, shock, sentimenti di rabbia verso chi parte.
Ciò che influenza queste problematiche non è la missione militare in sé, ma lo stress che questo evento provoca e l’eventuale presenza di problematiche psicopatologiche nel genitore che resta a casa. I fattori di rischio e i fattori di resilienza interagiscono tra loro e vanno ad influenzare le relazioni psicosociali tra il genitore che resta a casa e il bambino, le quali, a loro volta, producono conseguenze dirette sul bambino. L’aumento dello stress nel genitore che resta a casa e l’assenza del genitore militare, impattano negativamente sulla qualità delle interazioni genitore figli: probabilmente i bambini ricevono meno contatti fisici ed emotivi, rispondono allo stress dei genitori e apprendono la loro stessa modalità di rispondere allo stress. I bambini, siano essi neonati o in età prescolare, sono abili nel leggere le espressioni facciali, nell’interpretare il tono della voce del genitore, percepiscono che qualcosa è cambiato. Sentono lo stress provato dal genitore e potrebbero rispondere con maggiore irritabilità che, a sua volta, fa scaturire reazioni di rabbia e impazienza nell’adulto, che poi si sente in colpa per non essere emotivamente, né fisicamente, disponibile per il bambino.
Cari amici, nei prossimi articoli parleremo ancora del Trasferimento di sede e delle sue difficoltà, del disagio psichico del Militare e della sua famiglia. Condividete l’articolo con amici e colleghi. Buona lettura!